Points of view
David Loom, 2006
Esistono momenti in cui la forza di una visione
e la suggestione che essa produce, risultano sfuggenti,
non riproducibili con uguale intensità.
Mi piace fotografare:
osservare attentamente situazioni,
coltivandone la persistenza visiva
nella sola memoria fotografica
della mia mente.
Catturare dettagli, assimilare punti di vista,
guardo sempre con molta attenzione attorno a me.
Mi esercito nel fissare nella mente brevi istantanee in movimento
di ciò che vedono i miei occhi nel modo più persistente possibile.
E’ un esercizio sensoriale "formante",
stimolante per la memoria visiva,
nutriente per il proprio immaginario
Bisognerebbe forse inventarsi un nuovo modo di vedere le cose.
Prima dell’invenzione della fotografia, prima della diffusione planetaria del suo uso,
i ricordi personali erano custoditi esclusivamente nella propria memoria visiva.
L’unico modo per “ricordare” era attingere esclusivamente ad essa, emozionandosi.
La condivisione di tali ricordi con altri era possibile attraverso la parola,
il segno, la scrittura.
Preferisco vivere del ricordo delle cose che mi accadono,
preferisco coltivare il giardino della memoria
ed accudirne i suoi più fragili frutti emozionali.
Oggi fortunatamente, moderni dispositivi fotografici consumer catturano
potenzialmente ogni istante della nostra vita con facilità inebriante.
Apprezzo molto il progresso tecnologico, ne percepisco pro e contro,
ma personalmente provo spesso una sorta di introversione visiva,
un moto di timidezza misto ad insoddisfazione nel catturare un immagine
che per il solo fatto di essere vista dai miei occhi, di poter essere ricordata,
rappresenta già da sola un momento di completo appagamento sensoriale.
Può la grande facilità di ricordare tramite foto e video,
unita alla quotidiana pressione visiva dei media,
indebolire progressivamente la nostra
capacità di utilizzo della memoria visiva?
David Loom, 2006
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